La Procura accusa: "Perchè non fu denunciato Gianello?". Spuntano altre e e quel rosso a Cavani...
Si agita a bordo campo, non fa che parlare al telefono, guarda l’orologio, un po’ si ferma e un po’ si dimena, ma non si rivolge mai i suoi compagni di squadra, non accenna neppure a un tentativo di dialogo con uno degli undici in campo. Eccolo Matteo Gianello, nella penultima giornata del campionato scorso - 15 maggio 2011, stadio San Paolo - il Napoli affronta l’Inter e le cose vanno bene a tutti: uno a uno, il club azzurro è matematicamente in Champions. Una partita nota alla Procura di Napoli, non fosse altro perché il filmato dell’incontro casalingo degli azzurri è stato acquisito dai pm che indagano su ipotesi di combine, su presunte scommesse dentro e fuori gli spalti del San Paolo. Inchiesta alle battute finali, centrale la posizione di Matteo Gianello, l’ex portiere del Napoli ascoltato in Procura nel corso di un’inchiesta per frode sportiva. È stato intercettato ed è stato posto con le spalle al muro: lui, ascoltando la sua voce, ha fornito delle ammissioni. La prima riguarda un presunto tentativo di combine per Sampdoria-Napoli (1-0) del 16 maggio del 2010: l’ex calciatore Silvio Giusti avrebbe chiesto informazioni sulla gara, «ricordo che Giusti mi prospettò la possibilità di ricompensare i compagni che avessero aderito alla richiesta (di rendere maggiormente sicuro il risultato della partita a favore della Sampdoria) con somme di denaro», ha spiegato Gianello ai pm in un interrogatorio in parte ricostruito ieri dalla Gazzetta dello Sport. Un passaggio decisivo, perché qui Gianello chiama in causa due compagni di squadra: «Mi rivolsi a Paolo Cannavaro e a Grava e a nessun altro, che diedero immediatamente e con estrema decisione una risposta negativa: si mostrarono addirittura risentiti». Un punto privo di rilievi penali, che però potrebbe aprire un discorso differente sul piano della giustizia sportiva: se fosse vero il racconto fatto da Gianello ai pm, Cannavaro e Grava rischiano l’accusa di omessa denuncia e per il Napoli (che nella vicenda penale è parte offesa di eventuali tentate combine) si aprirebbe un discorso legato alla responsabilità oggettiva. Ma agli atti dell’inchiesta non c’è solo la versione di Gianello, dal momento che in questa storia sono stati sentiti come testimoni anche Paolo Cannavaro, Gianluca Grava e Giuseppe Mascara. Cosa hanno raccontato ai pm? Cannavaro e Grava hanno negato l’episodio, sostengono di non ricordare neppure la circostanza e sono pronti a ripetere la stessa versione anche dinanzi agli organi disciplinari. Più o meno stessa posizione da parte di Mascara, che viene tirato in ballo sempre da parte di chi era interessato a conoscere lo stato di forma degli ex compagni del Catania. Parole in codice, a voler riascoltare le clip audio della Procura. Come quelle di Napoli-Inter dello scorso 15 maggio: qui, quando Cossato dice «nove o undici fighe», si riferisce alla disponibilità sondata di nove-undicesimi dell’Inter; poi, quando si parla di «camere a cinque o a dieci stelle», ci si riferisce a cinque o diecimila euro. Ma non c’è solo Gianello sotto inchiesta a Napoli. Per mesi sono state studiate le mosse di Silvio Giusti, Michele e Federico Cossato (tutti ex giocatori e amici di Gianello), in uno scenario che ha riguardato diversi match degli azzurri. C’è stata attenzione anche su Lecce-Napoli (2-1) dello scorso anno, sulla sconfitta che fece infuriare De Laurentiis e prima ancora lo stesso Cavani, il bomber che voleva segnare a tutti i costi e che venne espulso in preda a uno scatto di ira per l’andamento della squadra azzurra
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