martedì 27 dicembre 2011

"I furti ai calciatori del Napoli possibile vendetta della camorra per i biglietti on line"

Chiamalo calore. Otto sgarbi, tra furti e rapine, otto ceffoni in faccia agli intoccabili in maglia azzurra in poco più d'un mese e mezzo: rubati orologi da ventimila euro, auto anche da poco prezzo (ad Aronica persino una Panda e una Cinquecento a noleggio!), quattrini, gioielli… non hanno risparmiato né Martina Hamsik, moglie di Marek, né la splendida Yanina, fidanzata di Pocho Lavezzi e ragazza senza mezze misure ("città de mierda", ha chiosato su Twitter, salvo pentirsene, dopo aver dovuto mollare il Rolex a due guaglioni svelti di mano), e neppure Barbara, dolce consorte del quasi sconosciuto stopper Fideleff. Al procuratore di Cavani hanno minacciato la compagna incinta con una pistola sul ventre. Prendersela con le famiglie… Roba che, fosse successa ai tempi di Maradona, i Giuliano sarebbero scesi in armi da Forcella, don Loigino in testa, a vendicare le vittime.

Invece, qua, tutti zitti: "È cosa 'e niente", direbbe Eduardo. Cosa da niente, robetta, sembra far intendere la società guidata da Aurelio De Laurentiis, che — al netto di una battutaccia: "Chi gira per Napoli col Rolex non è ancora abbastanza napoletano" — si blinda dietro un silenzio inquietante. Qualche manager per parlare pretenderebbe la rilettura preventiva dell'articolo. Tutti minimizzano, tranne Mazzarri che sui giornali descrive un'opera di "destabilizzazione", salvo poi addebitarla ai giornali stessi. Cosa 'e niente. Ma si mormora che proprio Mazzarri sia pronto ad andarsene. Cavani pure. Magari anche gli altri gioielli di una squadra che ha ridato orgoglio alla città dopo la B e il fallimento. Nei bar di piazza dei Martiri, tra gli scaffali della Feltrinelli, ai tavolini del Gambrinus, sui blog, monta la teoria del complotto. Inmolte versioni. Si dice che De Laurentiis stia resistendo a un vero tentativo di estorsione. Che abbia rotto una pax consolidata vendendo online i biglietti delle partite e ledendo così gli interessi dei bagarini. Che perfino l'abbandono del campo di Soccavo abbia fatto girare le scatole a qualche padrino che ha perso l'indotto. Uno studioso degli ultra, Rosario Dello Iacovo, manager dei 99 Posse, ammette che "il filotto di aggressioni insospettisce: qualcuno potrebbe stare bussando a quattrini. Ma va anche tenuto d'occhio il nuovo scandalo delle scommesse, lì s'è solo sollevato il lembo del lenzuolo". Dello Iacovo è uno convinto che la camorra sia "una forma atipica di welfare" ed è un frequentatore abituale delle curve A e B e di piazza Bellini, base di partenza del tifo estremista.

Ma anche un intellettuale indiscusso come Biagio De Giovanni è preoccupato: "Il Napoli è un grande mito che unifica. Il merito di De Laurentiis è stato riportarlo tra noi. A questi segni di vitalità la camorra torna a interessarsi. E così sembra prendere di mira i giocatori del Napoli, per entrare in tutti gli interstizi di un mito rinascente, gioco, scommesse, biglietti". Non tutti la vedono così: "Totale fesseria, questa del complotto", giura Claudio Botti, penalista famoso e artefice a suo tempo del Te Diegum in onore di Maradona: "Sono tutti episodi non collegati. Se la camorra vuole mandarti un messaggio, te lo manda molto più esplicito di così". Insomma, se non è proprio cosa 'e niente, è roba da prendere con le molle. Così ha fatto dall'inizio il questore Merolla: "Lei può rassicurare l'opinione pubblica", ci dice. Ma poi aggiunge: "Per ora". Rispetto ai primi tempi di totale diniego, resta la cautela eppure si nota un cambiamento: "Ci sono episodi sottoposti a un'attenzione particolare, ma di qualità diversa". Tutti in poche settimane, però. "Certo, la concentrazione temporale balza agli occhi anche a noi, perciò guardiamo questi fatti con un certo interesse".

Il furto dei Rolex rappresenta un filo sottile che attraversa tutta questa storia: I carabinieri del colonnello Minicucci hanno mappato i 78 colpi simili da inizio anno, la rapina dell'orologio di lusso è un marchio della piccola mala napoletana. "Ma una stranezza c'è: che adesso non si restituisca all'eroe il maltolto", ammette Giovanni Melillo, il procuratore aggiunto che coordina le indagini sulle otto aggressioni subite dai giocatori e dalle loro famiglie. Quando derubarono Maradona i guaglioni fecero a gara per riparare alla sgarro. "Il contesto è complesso. Allo stadio, in curva, vige la legge di camorra", spiega il procuratore, per il resto abbottonato come sempre. Ciò che Melillo non dice è che certe sere, a fotografare le tribune dei vip, "verrebbe fuori un gigantesco 416 bis per quanti pregiudicati ci trovi", come sussurra qualche vecchio sbirro.

Su certe frequentazioni le indagini sono aperte: Agli atti anche i rapporti tra alcuni calciatori del Napoli e i bravi guaglioni (il Viminale identificò tre mesi fa i membri di 15 clan in curva). E seMaradona si fece avviluppare dai Giuliano e dalla loro vasca a conchiglia, Lavezzi ha dovuto spiegare ai pm il suo aggrapparsi a personaggi come l'imprenditore in odore di riciclaggio Marco Iorio (socio di Fabio Cannavaro nel ristorante "Regina Margherita") o Antonio Lo Russo, rampollo di capoclan ("pensavo fosse solo un capo ultrà"). Infortunato, per la partita col Genoa era in tribuna vip: gli si sono assiepati i fedeli attorno, spalle al campo e ai gol della squadra, per lunghi minuti, scandendo Po-cho! Po-cho! Forse per chiedergli perdono. Forse perché, in una città dove tutto è cosa 'e niente, l'unica cosa seria sono loro: questi ragazzini milionari che giocano a un gioco di cui non sempre sanno bene le regole.

Fonte: Corriere della Sera

0 Commenti:

Posta un commento

Iscriviti a Commenti sul post [Atom]

<< Home page