CdS: "Napoli, la maledizione dei calci di rigore"
(Sole sul tetto dei palazzi in costruzione....) . Intorno, è un lampo di suggestioni: e in quel fascino che avvolge Siena, l'angolo più sperduto e apparentemente inespressivo, è un dischetto bianco, il volano verso la disperazione... (Sole che batte sul campo di pallone....) . Minuto trentaquattro d'una ripresa al calor bianco, avanti tutta con l'ira agli occhi e il furore del bel tempo che fu: il silenzio assordante è un istante, perché poi è frastuono e malinconia, è un buco nero nella memoria, quesiti che si sovrappongono e un Cavani piegato su se stesso. Parato, in quell'angolo che sembrava lontanissimo e irraggiungibile e invece a portata di guanti di Gianluca Pegolo. Deviato, pure stavolta, come contro il Catania, come contro l'Udinese; come accaduto ad Hamsik a San Siro, stregato da Julio Cesar. Sbagliato, come per Marekiaro con la Juventus: pum, una staffilata a sfidare il vento. Gli undici metri più maledetti cominciano con un sorriso e una speranza e si chiudono tra moccoli e amarezza: e in quella classifica che ora langue, sottratta dall'ossigeno d'altri due punti, le scorie dell' "Artemio Franchi" si sommano e lasciano cicatrici sul corpo e nella testa.
TREND - Cavani e prim'ancora ancora Hamsik e poi, via, via a ritroso nel tempo, un errore per Quagliarella, un altro per Zalayeta ed uno per Calaiò, all'epoca arciere partenopeo, e persino una sciagurata esibizione dell'altrimenti infallibile Domizzi, che su sette ne segnò sei. (Ma Nino non aver paura di tirare un calcio di rigore...). La leva calcistica d'una classe specialissima, un concentrato di talento allo stato puro, è in realtà la dimostrazione assai lampante d'una contraddizione in termini che va avanti ormai da un lustro: e in questo quinquennio consumato tra alti ed alti, scalando le vette del football dopo esser risorti dalle ceneri del Fallimento, l'unico appunto che il Napoli può muovere a se stesso è in quella fragilità esibita nel momento topico, mentre gli stadi improvvisamente tacciono e il diavolo ci mette lo zampino. I numeri hanno un'anima (ferita) e le statistiche svelano impietosamente il vizio di forma di una generazione di fenomeni: Cavani ne ha sbagliati tre su nove, Hamsik addirittura sei su dodici; e, in questo viaggio a ritroso sul dischetto errante, in questi cinque anni rigorosissimi, su trentuno opportunità, diciotto sono state colte e tredici son state sprecate.
VELENO IN COPPA - Il campionato è la fotografia d'una realtà circoscritta agli undici metri e la Coppa Italia, che domani riconsegna il palcoscenico, è addirittura la cassa di risonanza, praticamente un amplificatore, di quel difetto ormai percettibile ad occhi nudi: Torino, 4 febbraio 2009, si va alla lotteria per accedere alle semifinali di Coppa Italia e il biglietto vincente, manco a dirlo, è bianconero: sbagliano in sequenza Lavezzi, Contini e Gargano, accentuando il disamore per quell'attimo fuggente. Napoli, 26 gennaio 2011, con l'Inter è 0-0 e il Pocho frantuma il sogno della semifinale. (Ma Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore...).
FONTE: CORRIERE DELLO SPORT
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