"Napoli, la rimonta è merito della difesa"
Gli allenatori sono un po’ come gli architetti e nella costruzione di una squadra seguono principi semplici. I progetti vincenti prevedono sempre fondamenta solide e sicure, un aspetto indispensabile per conquistare risultati importanti. Senza una difesa all’altezza, si fa fatica. Il concetto del “primo non prenderle” è la pietra miliare di ogni vittoria. La rimonta del Napoli in campionato affonda le sue radici proprio nell’evergreen che accomuna tutti i grandi della panchina. I numeri sono inequivocabili: cinque partite in campionato e zero gol subiti. Cesena, Milan, Chievo, Fiorentina e Inter testimoniano la ritrovata compattezza della fase passiva che riguarda — come predica Mazzarri — l’intera squadra e mai il singolo reparto. I codici del tecnico di San Vincenzo sono riservati pure agli attaccanti: sono loro i primi a dover pressare l’avversario per recuperare immediatamente il pallone. Il meccanismo, dunque, è tornato a funzionare con precisione svizzera. Applicazione, grinta e cattiveria agonistica sono gli ingredienti necessari, ma l’argomento è più complesso. Il Napoli ha trovato una maggiore copertura con la nuova posizione di Hamsik. Lo slovacco retrocede qualche metro e fa il lavoro sporco quando serve. Inler e Gargano soffrono meno le infilate dei rivali. La “coperta” si è allungata e il terzetto — Campagnaro, Cannavaro e Aronica — è nelle condizioni di neutralizzare gli attaccanti senza doversi preoccupare degli inserimenti. La mossa ha funzionato anche con Dzemaili, schierato nel tridente, ma a tutti gli effetti un moto perpetuo indispensabile per il Napoli che ha steso l’Inter al San Paolo. Risposte confortanti, dunque, per il tecnico di San Vincenzo che adesso può contare pure su alternative all’altezza. Grava e Britos garantiscono affidabilità ed esperienza. Quando sono stati chiamati in causa, non hanno mai deluso, al contrario di Fideleff e Fernandez, argentini talentuosi ma ancora acerbi. Formula che vince non si cambia e il Napoli spera di confermarsi pure contro un Parma che al Tardini ha segnato ben otto volte su undici partite. «Siamo soddisfatti — ha spiegato Cannavaro dopo il successo contro l’Inter — ma la nostra identità è sempre stata questa». Basta scorrere le statistiche per rendersene conto. Nello scorso campionato, De Sanctis è rimasto imbattuto per quattro partite consecutive in due occasioni diverse. «Non potevamo essere diventati brocchi all’improvviso», ha tagliato corto il capitano ribadendo con orgoglio che questo Napoli ha sempre avuto nel dna certe caratteristiche che a un certo punto sembravano smarrite. Da novembre a gennaio, le fondamenta avevano mostrato qualche scricchiolio di troppo. In dieci partite di campionato, addirittura diciassette gol subiti: 1.7 a gara, media eccessiva per una squadra che cullava la speranza del terzo posto, obiettivo nuovamente alla portata non appena Mazzarri ha sistemato le anomalie. Capitolo Donadel, diventato ormai un vero e proprio caso: il giocatore si è recato in Germania per un consulto con Hans-Wilhelm Wohlfart, tra l’altro responsabile dello staff medico del Bayern Monaco, per i continui risentimenti al retto femorale, già lesionato nel 2007 quando era a Firenze. «Forse dovrà operarsi, la sua stagione potrebbe essere finita», dice il suo procuratore. Ma l’eventualità — secondo il Napoli — non è necessaria.
FONTE: REPUBBLICA
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